Disturbi dell'equilibrio

Le perdite di equilibrio, gli sbandamenti, i barcollamenti, i capogiri e le vertigini possono derivare da:

  • Problematiche dell'apparato vestibolare (orecchio interno) in cui l'instabilità è solitamente associata a nausea, vomito, sudorazione ed ipoacusia (manifestazioni neurovegetative)
  • Problematiche neurologiche, è possibile riscontrare segni neurologici (come diplopia, offuscamento della vista, nistagmo, atassia, debolezza muscolare e perdita di coscienza)
  • Artrosi o altre problematiche a livello cervicale, in cui all'instabilità si associa molto spesso cervicalgia, cervico-brachialgia, cefalea/emicrania
  • Problematiche cardiache
  • Anemia ferrosa
  • Cinetosi (mal d'auto o mal di mare)
  • Alcuni farmaci
  • Scelrosi multipla
  • Alcuni tumori (es. neurinoma del nervo acustico) 

Quali sono le principali problematiche dell'orecchio che posso causare disturbi dell'equilibrio?


VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE

Dottore sono i sassolini??!

La vertigine parossistica posizionale (VPP) è una causa molto comune e frequente di vertigine ed instabilità; gli studi riportano come la VPP sia il disturbo dell'equilibrio che più frequentemente porta il paziente ad un accesso in Pronto Soccorso, oppure ad una visita ambulatoriale otorinolaringoiatrica.


immagine di Mirko Tangherlini

Tale disturbo è dovuto al distacco di microscopici cristalli di carbonato di calcio, chiamati otoliti, che dalla loro sede naturale nell'orecchio interno, l'utricolo, migrano in un'altra sotto sede dell'orecchio interno, i canali semicircolari, dove con la loro presenza causano crisi ricorrenti di vertigine oggettiva di breve durata (pochi secondi) scatenate dai movimenti del capo, in assenza di sintomi uditivi associati. Tale patogenesi fino a pochi decenni addietro era sconosciuta, e comunemente si attribuivano tali crisi vertiginose a disturbi "da cervicale", ipotesi ora del tutto sorpassata.

Tale disturbo è talmente frequente che tutti noi abbiamo avuto esperienza di parenti, vicini o amici che hanno avuto le vertigini per i "sassolini nell'orecchio"; corrisponde al 20% di tutte le cause di vertigine, e la probabilità di svilupparla nel corso della vita di ognuno di noi è del 2,4%. La probabilità che un disturbo vertiginoso sia dovuto al distacco di otoliti è tanto maggiore quanto più l'età del paziente è avanzata; dopo i 65 anni, il 50% dei disturbi vertiginosi è attribuibile a VPP.

Se da un lato la sintomatologia vertiginosa è molto intensa, tanto da portare il paziente ad importanti accessi di vomito ed a temere disturbi neurologici ben più temibili, dall'altro lato fortunatamente la diagnosi per uno specialista ORL è semplice, e spesso anche la cura risulta rapida ed efficace. 

L'otorinolaringoiatra già dalla storia clinica è in grado di porre un forte sospetto di VPP, ed è in grado di confermarlo semplicemente con una serie di manovre al letto del paziente, che hanno lo scopo di valutare la presenza o meno degli otoliti nei canali semicircolari. Tali manovre sono assolutamente non invasive e poco traumatizzanti, e consentono una diagnosi rapida e certa. 

Una volta eventualmente riscontrata una VPP, la terapia consiste in una serie di manovre liberatorie, standardizzate a seconda del canale semicircolare responsabile del disturbo, che possono essere effettuate in ambulatorio ORL immediatamente dopo la diagnosi. Tali manovre sono particolarmente efficaci, con un tasso di risoluzione immediata del disturbo che secondo alcuni studi arriva all'80%. 

Il paziente verrà poi istruito per l'esecuzione di una ginnastica di riabilitazione domiciliare, da effettuarsi per alcuni giorni, con successivo controllo ambulatoriale. 

Purtroppo, la conoscenza di tale patologia non ha ancora raggiunto livelli ottimali, quindi è esperienza comune in un ambulatorio ORL valutare pazienti che per il loro disturbo vertiginoso attribuibile a VPP hanno effettuato in precedenza un RX rachide cervicale, o un ecodoppler tronchi sovra aortici, o una RM encefalo, in conclusione una serie di esami che il paziente si sarebbe potuto risparmiare se si fosse sottoposto preliminarmente ad una valutazione vestibolare ORL, con l'eventuale riscontro di una vertigine parossistica posizionale. E' quindi importante che ognuno di noi sappia che in caso di importanti crisi vertiginose di breve durata, ricorrenti, scatenate soprattutto dai movimenti del capo, è probabile che si tratti di una vertigine parossistica posizionale, e che tale disturbo può essere facilmente ed efficacemente diagnosticato e trattato, con pronta risoluzione, presso un ambulatorio specialistico ORL.


MALATTIA DI MÉNIÈRE 

La Malattia di Ménière (MdM) è stata ed è misteriosa riguardo ad eziologia, patogenesi e anatomia patologica: al suo attivo si trova una letteratura sterminata e una serie infinita di terapie.

Una standardizzazione della diagnosi è stata resa possibile dopo la redazione di norme precise e rigorose alle quali i laboratori di Vestibologia si sono adeguati, con la pubblicazione dei criteri diagnostici da parte del Comitato per l'equilibrio dell'Accademia Americana di Oftalmologia e Otorinolaringoiatria del 1972 e del 1995. Da allora la MdM si definisce come: "malattia dell'orecchio interno membranoso caratterizzata da ipoacusia, vertigine e ronzio che ha come substrato anatomo-patologico la dilatazione idropica del sistema endolinfatico". L'ipoacusia è di tipo neurosensoriale, fluttuante, generalmente unilaterale e progressiva. La vertigine è episodica, di durata variabile tra i 20 minuti e le 24 ore, e associata a sintomi neuro-vegetativi.

Dal punto di vista istopatologico, l'idrope è caratterizzata da dilatazione e distorsione delle strutture a contenuto in endolinfa del labirinto. Il riscontro istologico primario è una dilatazione dello spazio endolinfatico con risultante decremento degli spazi perilinfatici, che a loro volta non possono espandersi a causa del loro involucro osseo.

La diagnosi di Malattia di Ménière (MdM) è spesso abbastanza semplice sulla base della sola storia clinica, ma l'esatta conoscenza degli aspetti semeiologici, audiometrici e vestibolari può essere di grande aiuto per l'evoluzione e la gestione del paziente menierico. Il paziente racconta quasi sempre con esattezza gli acufeni, il senso di pienezza auricolare, l'ipoacusia e le vertigini intense che lo costringono all'immobilità. La crisi ha durata variabile da pochi minuti a molte ore, ma più frequentemente è di 2-3 ore. L'esame obiettivo otologico è negativo, mentre fondamentale risulta l'audiometria tonale con una tipica ipoacusia percettiva.

L'ipoacusia tende a risolversi quando si conclude la crisi vertiginosa e, nelle fasi iniziali della malattia, l'udito torna normale. Successivamente l'ipoacusia permane con caratteristiche variabili e progressivo deterioramento.

Lo studio della funzionalità vestibolare è un momento irrinunciabile dello studio del paziente menierico, anche perché il sintomo più coinvolgente è certamente la vertigine, che può portare il paziente ad un livello di vita assolutamente scadente.

Quando presente nella totalità dei suoi sintomi, il quadro anamnestico è così tipico, da condurre ad una facile diagnosi, basata su tre sintomi (la classica triade: acufeni, ipoacusia e vertigini) e sul loro andamento temporale.

  1. Gli acufeni sono spesso il primo sintomo a comparire e quasi sempre accompagnati da senso di pienezza auricolare.
  2. La vertigine, ad insorgenza brusca, è intensa e accompagnata da marcati sintomi neurovegetativi (nausea, vomito, ipotensione, pallore, sudorazione, etc.).
  3. L'ipoacusia è preceduta oppure associata a senso di "orecchio pieno", è fluttuante e, nelle fasi iniziali, di tipo misto (idrope + sofferenza cocleare) con possibile restitutio ad integrum, mentre successivamente la cocleopatia è irreversibile
  4. Le crisi vertiginose violente hanno generalmente durata variabile da ore a giorni (più frequentemente intorno alle 3 ore), ma non infrequentemente possono manifestarsi anche "perturbazioni vestibolari minori" con instabilità accentuata dai movimenti del capo per ore (o giorni), magari non enfatizzate dal paziente, che al colloquio anamnestico è giustamente più portato a riferire lo stato di prostrazione e angoscia in cui cade durante le improvvise crisi maggiori
  5. La frequenza delle crisi vertiginose è assolutamente imprevedibile, passando da serie di crisi ravvicinate a lunghi periodi di completo benessere

Il trattamento della Sindrome di Ménière (S. di M.) è innanzitutto medico. Lo scopo della terapia medica nelle fasi intercritiche della malattia, è sostanzialmente quello di prolungare quanto più possibile gli intervalli liberi da crisi vertiginose, arrestare la progressione del danno uditivo e ridurre il fastidio della fullness e dell'acufene. Negli ultimi anni, standardizzando ed uniformando gli approcci terapeutici, sono stati ottenuti buoni risultati e molto spesso le terapie sono particolarmente efficaci nel ridurre la frequenze e l'intensità delle crisi vertiginose. Meno efficaci purtroppo risultano le terapie nel prevenire il danno uditivo.

Nei pazienti menierici di vecchia data, affetti da instabilità più sfumata rispetto alle grandi crisi vertiginose ma persistente ed invalidante, risulta spesso molto utile e soddisfacente per il paziente un inquadramento dal punto di vista riabilitativo vestibolare.


NEURITE VESTIBOLARE

Per neurite vestibolare si intende l'improvvisa perdita della funzione di uno dei due apparati vestibolari periferici. E' caratterizzata da un corredo di sintomi e segni che derivano dall'assenza o dalla diminuzione dell'input afferente ai nuclei vestibolari corrispondenti al lato patologico. Il termine "neurite vestibolare" è probabilmente il più adottato nella Letteratura internazionale, anche se implica un'alterazione patologica (infiammazione del nervo vestibolare) non provata. La neurite è conosciuta anche con altri termini: neuronite vestibolare, vestibolopatia periferica acuta unilaterale, deficit labirintico.

Costituisce, dopo la VPPB, la più frequente affezione dell'apparato vestibolare. La neurite vestibolare, nonostante non sia rara nei bambini e negli anziani, colpisce più frequentemente i soggetti tra i 30 ed i 50 anni di età, senza distinzione di sesso.

La causa rimane spesso idiopatica e, nonostante la malattia si dimostri il più delle volte ad origine sconosciuta, sono state formulate varie teorie sulla sua eziologia. Tra queste le principali sono l'ipotesi virale e l'ipotesi vascolare.

A sostenere l'ipotesi virale si riporta che la sindrome si presenta talora in forma epidemica e segue o si accompagna ad un episodio di tipo influenzale. Inoltre gli studi anatomo-patologici, effettuati su pazienti che in vita avevano sofferto di neurite vestibolare, sembrano supportare l'ipotesi che la sindrome consegua ad un insulto virale. Il dato assume particolare rilievo per il fatto che le alterazioni sono analoghe a quelle rilevate in caso di Herpes Zoster. Non esistono, tuttavia, evidenze conclusive di una patogenesi virale, anche in considerazione del fatto che i virus più frequentemente chiamati in causa (herpes simplex per il quale sono stati condotti studi anatomopatologici ed esperimenti su animali1, cytomegalovirus, Epstein-Barr, rosolia, adenovirus, influenza) sono comuni ed il rilievo di un aumento delle titolazioni anticorpali potrebbe coesistere indipendentemente dalla neurite vestibolare.

Riguardo all'ipotesi vascolare, il fatto che l'orecchio interno sia irrorato da una arteria terminale ha sempre fatto sospettare che molte affezioni labirintiche potessero conseguire ad eventi ischemici.

La neurite vestibolare potrebbe quindi essere dovuta ad un episodio ischemico protratto ad esclusivo carico del territorio della arteria vestibolare anteriore. L'eziologia vascolare rimane comunque proponibile solo a livello ipotetico, in quanto con le attuali tecniche per immagini non è ancora possibile ottenere una conferma diagnostica, anche se questa viene fortemente sospettata nei pazienti con evidenti fattori di rischio quali ipertensione, obesità, diabete e precedenti cerebrovascolari.

L'esordio dei sintomi è in genere improvviso, anche se può essere non acutissimo, realizzandosi nell'arco di poche ore. Lo stato vertiginoso incrementa progressivamente, si accompagna a nausea e spesso a vomito. Alcuni pazienti riferiscono uno stato prodromico, caratterizzato da vaghe sensazioni di malessere e di instabilità, che può protrarsi per alcuni giorni prima di sfociare nel vero episodio vertiginoso. La vertigine viene spesso descritta come rotatoria, più spesso di tipo oggettivo (ambiente che gira), raramente di tipo soggettivo (testa che gira). I movimenti della testa determinano un peggioramento dello stato vertiginoso. Il paziente riesce difficilmente a mantenere la stazione eretta, preferendo giacere ad occhi chiusi o al buio su di un fianco. Il lato su cui giace il paziente corrisponde di solito al lato sano. Se costretto, riesce a deambulare ma appare notevolmente atassico, con costante tendenza a deviare verso il lato sano. Anche nella stazione eretta, specie ad occhi chiusi, potremo osservare la tendenza a cadere verso lo stesso lato.

La vertigine invalidante si risolve in meno di una settimana in oltre il 70% dei pazienti.

Generalmente può tornare ad effettuare tutte le attività che svolgeva prima dell'evento morboso, a meno che non coesistano od intervengano fattori limitanti il grado finale di recupero.

L'uso di farmaci ad azione sedativa, un'eccessiva immobilizzazione, la coesistenza di alterazioni a carico del SNC o del sistema visivo e somatosensoriale sono tutti elementi che possono contribuire a ritardare o ad impedire un perfetto recupero dell'equilibrio . Anche in caso di adeguato compenso centrale, è comunque possibile che alcuni pazienti lamentino una breve sensazione di oscillopsia quando compiono movimenti rapidi della testa in direzione del lato patologico.

A livello di Letteratura pare che l'unico trattamento realmente efficace nella neurite vestibolare sia di tipo cortisonico. Sono tuttavia necessari ulteriori studi controllati per confermare questa ipotesi. Non appena possibile è fortemente consigliabile instaurare un trattamento riabilitativo che risulterà particolarmente utile nei pazienti in cui non avverrà un recupero della funzione vestibolare periferica.



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